domenica 11 maggio 2008

Cenni sul concetto generale di ARMONIA

L’armonia è il risultato della combinazione simultanea di più suoni diversi.
Il significato che le ha dato la cultura occidentale è in diretto rapporto con le speculazioni cosmogoniche e cosmologiche dei presocratici (in particolare della scuola pitagorica, sec 6° a. C.)
che dalla scienza armonica, pur fondata sulla divisione aritmetica dell’unica corda dello strumento detto monocordo, cioè su un fenomeno rigorosamente fisico – acustico, ricavando un modello di struttura metafisica, uno schema di interpretazione razionale dell’universo.
Fino a tutto il medioevo, quando già la pratica musicale aveva tentato con successo le vie della polifonia, il termine armonia resta confinato nel limbo speculativo in cui l’aveva collocato l’antichità classica.
Solo verso la fine del ‘400 (grazie ai teorici J.Tinctoris e F.Gaffurio) l’armonia cessa di riguardare le sfere per entrare, anche come parola, nell’ambito della pratica musicale, a designare i criteri sintattici che regolano gli incontri simultanei tra suoni.

LA NOZIONE MODERNA DI ARMONIA
Nell’accezione musicale moderna (da Rameau, ossia dal 1700 in poi) l’armonia è anzitutto una precettistica, un insieme di regole che definisce la struttura degli accordi in base al principio della tonalità e ne disciplina la successione nel tempo. Fondamento dell’armonia classico – romantica è la nozione fisica (non più metafisica) del suono, lo studio dei suoni armonici, di quei suoni, cioè, che a accompagnano l’emissione di una qualsiasi nota, diede ai teorici del ‘700 la base oggettiva e razionale di cui avevano bisogno. Nacque così la normativa trattatistica concernente l’accordo di triade, ossia per terze sovrapposte, praticato oramai da almeno 3 secoli e già riconosciuto in sede teorico – matematica fa G.Zarlino ( “Istituzioni harmoniche” 1558).
Sulla scala di do maggiore possiamo costruire ( su ogni grado di questa scala) un accordo di triade
La triade si dice maggiore o minore a seconda che la nota di mezzo sia distante una terza maggiore o minore dalla fondamentale, e si dice diminuita quando la nota centrale e la superiore siano rispettivamente a distanza di terza minore e di quinta diminuita dalla fondamentale (intervallo). Un’altra diversa successione si ottiene basandosi sulla scala minore.
Tra questi accordi l’armonia tonale instaura una gerarchia che ne regola i rapporti. L’armonia ha presto teorizzato l’uso delle cosiddette dissonanze, praticate fin dagli inizi della polifonia. Facilmente inquadrabile in una fenomenologia dell’ascolto, la dissonanza sfuma rapidamente i suoi contorni non appena si tenti di definirla fisicamente. Semplificando, si può dire che per la lingua musicale d’occidente si considera dissonante, qualsiasi aggregato di suoni( 2 o più) che non sia riconducibile ad una triade maggiore o minore (o parte di essa); in altea parole, unici accordi consonanti sono considerati le triadi maggiori e minori ed i loro rivolti (formati con le stesse note ma con diverso ordine).
L’uso di tutti gli altri aggregati sonori (considerati accordi o intervalli dissonanti) è sottoposto ad un complesso di regole informate sostanzialmente a due possibili interpretazioni della dissonanza: dissonanza di passaggio con debole accento ritmico e dissonanza su tempo forte cioè accentato, il cui uso, limitato agli inizi dalle leggi della preparazione e della risoluzione (la nota che fa dissonanza si trova anticipata in un accordo precedente e muove verso altra nota consonante o meno dissonante), si è andato poi progressivamente liberalizzando. Ma se la dissonanza come tale è sufficiente a stabilire una tensione armonica, solo la sua collocazione sintattica ne definisce la funzione, aprendo la porta ad un possibile significato. Nesso sintattico primario dell’armonia, anche in senso storico è la cadenza, fondata sul potere di attrazione del semitono.
La formula cadenzale di base del linguaggio tonale è la successione degli accordi perfetti sul 5° e sul 1°grado della scala, cioè di dominante e tonica, la cosiddetta cadenza perfetta, dove l’attrazione semitonale si dà tra il 7° grado (detto sensibile) e il 1° (tonica). Molteplici sono tuttavia le cadenze in uso nell’armonia tonale e a esse è affidato in massima parte il governo delle tensioni accordali. Intorno ai nuclei energetici delle cadenze si distribuiscono secondo vari e spesso intercambiabili rapporti gerarchici, gli altri accordi (consonanti e dissonanti) a formare catene armoniche sempre più complesse, soprattutto da quando il diffondersi del sistema temperato ha messo a disposizione dei compositori 12 suoni equivalenti nell’ambito di un’ottava, ognuno dei quali è centro potenziale di un autonoma tonalità.

CENNI STORICI
L’evoluzione storica dell’armonia tonale, non è stata rettilinea: dopo una fase iniziale di sperimentazione, (Monteverdi) coincidente con la disgregazione del sistema modale (Gesualdo Frescobaldi), la sintassi armonica tende rapidamente ad una sistemazione razionale fondata sul basso continuo, su una logica accordale, cioè, implicita nel cammino delle note di sostegno degli accordi stessi, quelli che ne costituiscono appunto il basso.
Dopo Bach, il riflusso dell’esuberanza linguistica barocca nell’asciuttezza del 1700 matura o segna un’apparente battuta di arresto nell’evoluzione dell’armonia ma poi l’indagine sull’armonia dissonante e sui passaggi di tonalità (modulazioni) in relazione ad un sistema di funzioni estese ai 12 gradi della scala temperata (cromatismo) giunge con Wagner a esplorare virtualmente tutte le potenzialità sintattiche insite nell’armonia tonale. Segni evidenti di crisi compaiono negli anni a cavallo tra l’800 ed il ‘900 con la pentafonia (basata su una scala di 5 suoni) e la esafonia (basata su una scala di 6 suoni) di Debussy, con le sospensioni tonali di R. Strauss a del primo Schonberg, con gli addensamenti armonici dell’ultimo Malher.

IL SUPERAMENTO NELL’ARMONIA TONALE
Benché sia stato prevalentemente associato a Schonberg e alla sua scuola, il superamento dell’armonia tonale, (più propriamente: dell’armonia “funzionale”) conobbe di fatto percorsi e modalità differenziate, riconducibili a due tendenze principali.
Da un lato, la tendenza alla saturazione dello spazio tonale( il cromatismo, già intuibile in Wagner) che condusse alla moltiplicazione delle tensioni armoniche verso toni lontani sino alla perdita della possibilità di controllo (cioè alla perdita di un centro di gravità tonale), dall’altro la tendenza opposta ad abolire le tensione stesse con l’impiego di scale diatoniche e modali e con lo spostamento della finzioni strutturali già proprie dell’ armonia ad altri elementi del linguaggio musicale, come il timbro ed il ritmo (atonalità). Alla prima si possono avvicinare Schonberg, Berg, Webern, alla seconda si collegano variamente Debussy, Satie Varese, Stravinskij, Bartok.
Gli sviluppi successivi, dalle operazioni linguistiche su materiali storicamente prefigurati (neoclassicismo) alle speculazioni sui 12 suoni non più gerarchicamente ordinati (dodecafonia), ai vari tentativi di ampliare il concetto classico di tonalità fino a farvi rientrare qualsiasi aggregato di note (Hindemith), sono testimonianze della ricerca di nuovi ordini armonici. Il 2° dopoguerra si è dimostrato più conseguente nel suo radicalismo, rigettando qualsiasi riferimento ad un sistema armonico comunque fondato.

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