giovedì 22 maggio 2008

Musica Generativa

L’universo vive di suoni, lo diceva Pitagora…
Il frattale è geometria e logica ma anche musica.
Fin’ora ho affrontato solo l’aspetto visivo dei frattali. Essendo funzioni matematiche, è altrettanto possibile associarvi una rappresentazione sonora. L'effetto è meno diretto e sicuramente non altrettanto gradevole. L'altezza e la durata di una nota è scelta con lo stesso criterio con cui viene scelto il colore nella rappresentazione grafica di un punto. Ascoltando la melodia, ci si accorge di alcune regolarità e della ricorrenza di alcuni temi: è proprio questo che evidenzia l'autosimilarità che è così chiara nelle immagini. Esattamente come nella rappresentazione convenzionale, abbiamo a che fare con un "ordine nel disordine", un caos deterministico. Un brano di musica che consiste di note scelte a caso ci risulta fastidioso, così come la ripetizione senza fine dello stesso motivo diventa implacabilmente noiosa. A tutti noi piacciono suoni che abbiano una loro struttura e varietà.
In natura esistono tre tipi di rumori = noise
- rumore bianco, meglio conosciuto come white noise; - rumore marrone, meglio conosciuto come brown noise; - rumore rosa, meglio conosciuto come pink noise.
Il white noise è il suono che si ode, ad esempio, quando la radio non è sintonizzata su una stazione: esso è del tutto casuale, e la sua ampiezza e frequenza a un dato momento è indipendente dagli istanti precedenti.
Il brown noise è più strutturato del white noise, in esso sono presenti ugualmente suoni casuali, ma collegati ognuno al precedente da una regola.
Infine, il pink noise, che è più strutturato del bianco, ma meno strutturato del marrone; esso è più gradevole all'orecchio di quello bianco, forse troppo casuale, e di quello marrone, forse troppo rigido.
Applicati alla musica, i procedimenti frattali offrono risultati molto promettenti; la loro dinamica caotica offre, infatti, quel miscuglio di regole ed imprevedibilità che tanto affascina l'animo umano.Per realizzare una musica frattale, preparata una curva opportuna, e disegnato su di essa un pentagramma, si dispongono poi le note in modo da ottenere la migliore musicalità. Solitamente un'altra curva frattale stabilisce la durata del suono stesso.
Esistono programmi specifici per generare le melodie in modo automatico, quindi l’informatica apre molteplici porte tutte da scoprire.
L’applicazione dell’intelligenza artificiale, o più semplicemente di processi d’elaborazione sintetici e autonomi, alla musica è ancora lontana dall’essere realizzata e non è paragonabile al livello raggiunto dalle composizioni intellettuali dell’uomo. L’idea di «musica automatica», a ogni modo, non è certo nuovissima, come si sarebbe portati a pensare: già nel 1787 a misurarsi con tali congetture fu Mozart che in quell’anno scrisse le istruzioni e le misure di un sistema di composizione per minuetto ottenuto attraverso un gioco di dadi. Basandosi sulle 176 possibili misure per un minuetto e 96 possibili forme ternarie, il genio austriaco compilò una tabella di regole per associare ai risultati delle giocate le rispettive note. In pratica questo è stato il primo algoritmo di composizione generativa.Da allora la matematica ha fatto parte di diverse sperimentazioni musicali, sia colte sia pop, ma per ritrovare la generazione musicale spontanea si deve tornare ai giorni nostri, dapprima con i tentativi più concettuali di Steve Reich e Terry Riley, e poi con uno dei più famosi guru dell’elettronica: Brian Eno. Già con uno dei suoi primi lavori seminali, Discreet Music del 1975, il celebre autore inglese si interessò alla produzione spontanea di esperienze musicali. In uno dei brani di questo album due semplici cicli melodici di diversa durata si ripetono separatamente, potendo così sovrapporsi in maniera arbitraria. Per esempio, un ciclo di 30 secondi e uno di 50 secondi si sovrappongono perfettamente ogni 1.500 secondi (30 moltiplicato 50). Di qui l’uso di diversi registratori a nastro, ciascuno contenente un ciclo, fatti suonare tutti insieme, in modo che lo stesso suono perfettamente sincrono sarebbe stato ripetuto solo dopo anni. Il passo successivo è venuto dall’utilizzo della tecnologia digitale non solo per raffinare questa tecnica, ma per evolverla, introducendo variabili probabilistiche che variassero davvero il brano a ogni esecuzione, specificando solo il dominio musicale entro cui comporre la sua struttura e i parametri su cui svilupparlo.
Esiste un software, specializzato in quest’ambito, che usa il programma Koan, che sfrutta adeguatamente le comuni schede audio dei Pc.
Si possono anche scaricare i parametri necessari a generare il brano desiderato con il proprio hardware, un po’ come un file Midi, ma non definito nota per nota, bensì autogenerato a partire da alcuni dati. Un vantaggio immediato è che le dimensioni totali del file sono completamente indipendenti dalla durata della sua esecuzione, e quindi risulteranno davvero minime, in genere dai 5 ai 20 KB, oltre, come già detto, a non suonare mai sempre allo stesso modo. Per motivi strategici e di marketing, quindi, la SSEYO, la software house sta ora ribattezzando i suoi prodotti come Koan Audio Vectors, ossia «audio vettoriale».
Non mancano i software gratuiti che permettono di sperimentare col proprio Pc la creazione di brani che si autogenerano.
La Algorithmic Arts , per esempio, è una piccola casa di software che ha come prodotto di punta SoftStep, un sequencer per Windows che integra tool di composizione di diverso tipo, inclusi quelli che generano melodie basate su algoritmi frattali, a partire dalla teoria del caos, su basi probabilistiche e numeriche.
Anche The Well-Tempered Fractal v 3.0, sviluppa ambiti frattali e legati alla teoria del caos, ed è completamente gratuito per Windows 95, completo di Midi d’esempio.
Come pure MusiNum , sempre freeware per Windows che genera musica frattale attraverso successioni di cifre ottenute con semplici somme, composte secondo la teoria dei numeri e associate attraverso i principi di similarità autoreferenziale. Tangent, infine, un altro freeware per Windows 95/98, evoluzione del precedente QuasiFractal Composer, usa metodi algoritmici, euristici, deterministici, stocastici, generativi e trasformativi, sintetizzando diversi approcci alla generazione automatica. Il suo autore insiste a definirne l’approccio come «eclettico neo-generativo», ma in termini più pragmatici basta dire che la particolarità di questo programma è che si basa sulle strutture più che sulle singole note. Dai frattali agli algoritmi genetici il passo è breve. Genetic Jammer è un programma basato proprio su queste tecniche che impara a suonare assoli jazz d’improvvisazione, comunicando attraverso lo standard Midi con i suoi partner «umani». Ma è pur vero che in natura, comunque, si trovano numerose sequenze simmetriche che possono ispirare inediti accostamenti. Uno di questi è il patrimonio genetico, visto come la complessa struttura del Dna, e proprio a quest’associazione sono ricorsi i due musicisti Susan Alexjander e David Deamer che hanno ribattezzato le loro creazioni come DNA Music , associando alle basi le note di un sistema a quattro toni. Una sorta di reverse engineering, invece, è stata compiuta da David Cope, uno studioso californiano che ha sviluppato EMI – Experiments in Musical Intelligence arts.ucsc.edu/faculty/cope/mi.midi.html. EMI è un software che analizza i brani e ne isola melodie e ritmi ricorrenti, componendo poi sulla base di queste strutture. I risultati sono tanto convincenti che hanno ingannato un pubblico attento in una dimostrazione pubblica in cui furono messi a confronto brani originali di Bach con quelli generati da EMI. Va aggiunto che, comunque, gli algoritmi utilizzati funzionano egregiamente con stili molto ripetitivi (come Bach, appunto), mentre fanno cilecca con quelli che variano molto.Lo stesso Eno definisce la musica generativa come «tanto ignorabile, quanto interessante», ma ipotizza anche in maniera inquietante che i nostri nipoti un giorno ci potrebbero guardare stupiti e chiedere: «Ma davvero tu ascoltavi esattamente lo stesso brano per tante volte di seguito?». Trascurando un futuro, non troppo distante, in cui creature sviluppate ad hoc – come la pop star Kyoko Date di qualche anno fa, a cui si ispirava l’Aidoru dell’omonimo romanzo di William Gibson – confermino la raffinata concezione di creare non più soltanto un’opera musicale autonoma, ma un essere (antropomorfo o meno) che, a partire dai nostri modelli mentali, sarebbe in grado di produrre contenuti sempre diversi e originali, sorprendendoci proprio come i nostri simili.

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