I teorici greci e romani si occuparono della dottrina degli intervalli, di cui calcolano l’ampiezza in base a rapporti numerici e analizzano i vari modi in cui gli intervalli stessi possono disporsi all’interno dei tetracordi e dei sistemi. Considerano il fenomeno musicale quasi esclusivamente dal punto di vista dell’indagine acustica e matematica.
Ricorda “Harmonica” di Aristosseno
La musica antica era soprattutto orale, diffusa e trasmessa attraverso l’ascolto e la memorizzazione ed era legata all’hic et nunc cioè al momento, quindi a occasioni. Quindi nonostante le improvvisazioni e le esigenze del momento doveva essere garantita una conformità di stile, struttura metrica, andamento melodico che garantissero la continuità del carattere. La musica insomma doveva mantenersi fedele a moduli tradizionali di composizione, fedele a schemi strutturali e melodici stabiliti in modo preciso e che caratterizzano i generi musicali.
I greci e romani ignorarono l’armonia, nell’accezione moderna del termine e la polifonia.
L’accompagnamento seguiva il canto all’unisono o all’ottava…
solo dopo il 4° a.C. si ha notizia di canti accompagnati ad intervallo di 4° e 5°. Musica semplice e lineare che aveva la funzione di connotare il testo poetico in rapporto al genere, il ritmo di esecuzione fu condizionato dalla metrica del verso.
La metrica latina e greca era fondata sulla quantità delle sillabe e non sulla disposizione degli accenti tonici, quindi la struttura del verso era determinata dalla successione di sillabe lunghe e brevi secondo un ordine prestabilito, una successione che comportava l’alternarsi di tempi forti e tempi deboli, che costituiva il ritmo universale. La sillaba lunga aveva una durata doppia della breve. Una vera teoria ritmica.
Anche la musica delle origini quindi non è lasciata all’improvvisazione o al sentimentalismo o al caso ma è strutturalizzata, predisposta. Esistevano linee melodiche precise e significative, con particolari caratteristiche formali di struttura, arie dette nomoi ( “le leggi” ) legate alle diverse occasioni sociali.
Poi nuove innovazioni: i diversi ritmi musicali anch’essi legati a concetti di ordine ed a rapporti matematici, la ritmica rappresenta il legame più prossimo con i concetti matematici
Ritmi usati nelle composizioni musicali
-giambici: ritmi del genere doppio per il rapporto 1:2 tra la durata del tempo debole e del tempo forte; u-u-)
-trocaici: ritmi anch’essi del genere doppio nei quali però il tempo forte precede il tempo debole.
Viene introdotto l’accompagnamento non più solo all’unisono ma anche all’ ottava.
Poi continua evoluzione fino al 6° - 5° secolo, quando avviene un processo di laicizzazione e per il ritmo e la melodia, i compositori introdussero innovazioni nei moduli melodici.
Nelle nuove composizioni si sostituisce una struttura portante che è l’armonia.
Il significato originario di questo termine era “giuntura, connessione, adattamento, patto, convenzione”, in senso musicale “accordatura di uno strumento” e di conseguenza “disposizione degli intervalli all’interno della scala”. Ma harmonia indicava anche un complesso di caratteri che concorrevano ad individuare un certo tipo di discorso didattico, non solo la particolare disposizione degli intervalli, ma anche una determinata altezza dei suoni, un certo andamento melodico, il colore, l’intensità, il timbro. Esisteva l’armonia eolica, dorica, lidia, frigia, ionica, ognuna con caratteri tipici
-Lidia probabilmente legata al lamento
-Ionica molle e conviviale
-Dorica carattere risoluto, austero, risoluta e virile
-Frigia pacifica ed adatta a persuadere
-Eolica solenne imponente
Poi, nuove invenzioni:
- avanza la ricerca di nuove accordature della cetra che permettessero l’intonazione di note intermedie a intervalli più piccoli di quelli che erano normali (tono e semitono), cioè si cerca di modificarne l’accordatura per ottenere intervalli più piccoli di un semitono. (esigenza probabilmente dovuta allo sviluppo di un nuovo repertorio)
- Introduzione di nuovi ritmi
- Definizione teorica dell’ampiezza degli intervalli
- I pitagorici ed altri contemporanei come Laso, Teone di Smirne, Ippaso di Metaponto…avvertono contemporaneamente l’esigenza di dare un fondamento matematico alla teoria degli intervalli musicali…cercano di definire un valore numerico per il rapporto tra due suoni di un intervallo.
Essi avrebbero individuato in
- 2:1 il rapporto tra 2 suoni ad intervallo di ottava
- 3:2 il rapporto corrispondente all’intervallo di quinta
- 4:3 intervallo di 4°
Pitagora…
Periodo di transizione tra l’età arcaica dei nomoi e l’età classica delle harmoniai, tra una concezione rituale della musica ed un modo nuovo, laico, di intendere i valori della tradizione musicale.
DAMONE: molto importanti saranno le sue teorie sull’importanza della musica nell’educazione. La sua dottrina prende le mosse dal principio fondamentale della psicologia pitagorica, che cioè esiste una sostanziale identità tra le leggi che regolano i rapporti tra i suoni e quelle che regolano i comportamento dell’animo umano la musica può incidere sul carattere. La dorica e la frigia hanno il potere di educare i giovani alla virtù, saggezza, giustizia.
(Questo è un discorso che vale ancora oggi…avviene per esempio nel caso della musica da discoteca. I suoni che si producono ad alto volume sfruttano frequenze ed ampiezze che tendono a “sballare” i giovani. L’esempio che mi faceva il professore di armonia in conservatorio era questo:
“ Se noi mettiamo un carro armato davanti ad un suono “da discoteca” non riusciamo a fermarlo, la sua ampiezza è tale che lo avvolge e lo supera, questo "succede" al nostro cerevello in discoteca quando ne è stimolata in profondità solo la parte meno razionale; se invece mettiamo uno stecchino davanti ad un suono ad alta frequenza lo fermiamo!”)
...
...
Si passa sempre di più dalla forma ripetitiva del nomos a quella più libera dell’harmonia (sia nella metrica che nei ritmi). Si cerca un nuovo effetto di timbro e di volume.
La musica perde via via il suo carattere tradizionale di supporto melodico del testo verbale per divenire elemento indipendente.
La partitura diviene più complessa. E proprio in relazione all’abbandono delle linee melodiche tradizionali nasce nel 4°– 3° sec. l’esigenza di scrivere la musica: ma l’uso della notazione non si diffuse mai fuori dalla ristretta cerchia dei musici e attori professionisti.Si diffuse la pratica di far accompagnare il canto, da strumenti a fiato e a corda…ma nonostante l’uso contemporaneo di vari strumenti non si determinò tuttavia quel fenomeno dell’armonia e della polifonia che è proprio della musica moderna.
Per tutto il periodo ellenistico e romano, da Aristosseno in poi, i teorici continuarono a muoversi sulla linea tracciata dai pitagorici e da Damone: essi approfondirono la ricerca sui valori matematici degli intervalli e sulla disposizione all’interno dei tetracordi, definirono i vari sistemi, e continuarono a discutere i problemi dell’ethos musicale.
Le denominazione delle antiche harmoniai (dorica, frigia, lidia, ionica) servirono anche per indicare e distinguere i tonoi o tropoi, scale che si differenziavano per le altezze relative dei suoni e che trasferivano al’interno del sistema perfetto immutabile di 2 ottave tutti gli aspetti che potevano assumere i 4 tetracordi congiunti a 2 a 2.
Più tardi in epoca romana ciascuno dei tropoi trovò una sua collocazione nel sistema perfetto e fu descritto nelle tavole di notazione.
ARISTOSSENO di TARANTO 1° musicologo dell’età ellenistica, discepolo di Aristotele, le sue opere costituiscono il fondamento di tutta la teoria musicale successiva.
Studia gli intervalli, tetracordi, sistemi, individua i generi enarmonico, diatonico cromatico dei tetracordi, diversi in base alla collocazione delle 2 note intermedie.
Importanti saranno i rapporti fra le note nella loro successione.
Studia anche i vari ritmi in base al rapporto matematico tra la durata dei tempi forti (tempi in battere) e dei tempi deboli ( tempi in levare)
Genere pari (rapporto 1:1)
Doppio: rapporto 2:1
Hemiolio: 3:2
Epitrito: 4:3 considerato aritmico
I trattati sulla musica del periodo più tardo contengono qualche elemento originale non negli enunciati teorici che ricalcano gli schemi pitagorici e aristosseni ma sulle considerazioni del valore educativo della musica
I romani, nella teoria musicale non assunsero posizioni originali, ma si attennero alle teorie dei greci
VARRONE
Nella sua opera confluirono ecletticamente i principi delle teorie musicali pitagorica, platonica, aristotelica e aristossenica
Insieme ai testi greci di epoca imperiale (come il De musica di Aristide Quintiliano) costituì il fondamento di tutta la successiva trattatistica musicale in latino.
Sarà in un ambiente vario e composito che si formò il primo nucleo dei canti cristiani (1° – 2° sec.)…musica del culto…poi il canto liturgico si adeguò alle nuove condizioni di apertura verso gruppi sempre più numerosi di fedeli. Per soddisfare l’esigenza di una partecipazione corale al rito accanto alla salmodia solistica ed al canto responsoriale (nel quale il popolo rispondeva con una breve sequenza finale alla melodia del solista) si introdusse nella liturgia cristiana anche il canto antifonale (eseguito da tutti i fedeli divisi in due semicori). Questi modi di esecuzione vocale costituirono i punti di partenza per la successiva evoluzione delle forme musicali del Medioevo. Si conclude il ciclo della musica greca e romana di cui non rimane più nulla.
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2 commenti:
Bravissima, mi piacerebbe dialogare con Lei sulla lirica greca arcaica, ma mi resta difficile farlo su un blog e soprattutto pubblicamente. Grazie, Lucianna Di Lello.
Bravissima, mi piacerebbe dialogare con Lei sulla lirica greca arcaica, ma mi resta difficile farlo su un blog e soprattutto pubblicamente. Grazie, Lucianna Di Lello.
Non mi ricordavo di essermi accreditata come una fan di Aristotele, per dire cosa poi e quando è successo?
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